La comunista

Il libro ha il titolo del primo racconto, ma in realtà sono due.

Il primo, La comunista, si riaggancia a Mistero napoletano, un libro inchiesta in cui Ermanno Rea cercava di far luce sul suicidio di una giornalista napoletana, Francesca Spada.

Nel racconto Francesca riappare nelle vesti di un fantasma che ripercorre le vie della città, trovandola profondamente mutata rispetto agli anni in cui vi era vissuta. Espediente letterario già visto, quello di far riapparire persone che non ci sono più sotto forma diversa (ricordo un libro su Troisi più o meno così: Da domani mi alzo tardi di Anna Pavignano).

Bel racconto, comunque. Colori, odori della città, il mare, la pioggia, il vento fresco…. Non ho letto Mistero napoletano e quindi non ho molti agganci, ma anche preso così è un racconto che mi ha interessato. Soprattutto nel punto in cui prospetta una via per il Sud: “Eccellenti uomini di ingegno vanno affermando da tempo che un’economia virtuosa, rigorosamente disintossicata dai veleni dell’imperante capitalismo da rapina, è non soltanto possibile ma è diventata una necessità impellente. Allora perché non proporci noi come sperimentatori di questo nuovo corso della storia umana, ammesso che le cose evolveranno davvero in questa direzione? Non abbiamo nulla da perdere. Il Sud non ha industrie, non ha grandi infrastrutture, ha soltanto il suo sottosviluppo che tuttavia, in questo caso, potrebbe trasformarsi paradossalmente in carta vincente. Non è un’utopia. Possiamo farcela. E’ arrivato il momento di dare un senso positivo al nostro isolamento, o forse solitudine, non so come chiamarla, costruendoci un futuro conforme alla nostra preminente vocazione di figli del sole: quella di abitare luoghi finalmente liberi da tutti i lavori nocivia alienanti, a cominciare dalla catena di montaggio, anzi dalla fabbrica tradizionale in genere, nonché tutte le forme di rapina del territorio. Mi direte che oggi il mezzogiorno non ha la capacità giuridica di intraprendere una propria strada autonoma. E’ vero. Occorre rivendicarla con forza, questa autonomia, chiarendo che essa non ha niente da spartire con il separatismo, benché postuli una nazione a due velocità, o meglio a due stili di vita. Del resto se un’Italia compatta e omogenea non è nata in centocinquant’anni di storia, meglio aggirare, almeno in parte, quella speranza piuttosto che patire un’agonia senza fine!.” Condivido.

Secondo racconto: L’occhio del Vesuvio. E qui c’è un mio alter ego come protagonista. Un prof (lui di greco, però) che si ritira a Torre del Greco in campagna, col Vesuvio che lo guarda, sommerso da libri pregiati, antichi, che gli riempiono casa. Spende tutto ciò che ha in libri, colto ogni tanto dalla foga di accumularli, per ammirarli, leggerli, e per lasciare un’eredità preziosa ai figli, i quali per inciso se ne fregano altamente, essendo con molta probabilità culturalmente poveri e non rendendosi conto del fatto che i libri antichi sono attualmente il migliore investimento possibile.

Il sogno di una libreria che avvolga tutta casa, fatta di legno pregiato e costruita da un immigrato polacco, che la lascia a metà e se ne torna al suo paese a causa di complesse vicende personal-sentimentali. Insomma, bello da leggere e bello da sognare.

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