Forbidden lessons – Le lezioni proibite

Forbidden lessons, le lezioni proibite, un libro che ha come protagonista, fino a un certo punto quasi invisibile, quasi sotto traccia, la scuola, l’educazione.

Teatro degli avvenimenti è l’Afghanistan, prima sotto il controllo violento e confusionario dei muhjaheddin, poi sotto quello “illuminato” dei talebani. Afghanistan per giunta colpito nello stesso periodo da violentissimi terremoti, come se, non bastando i casini prodotti dagli uomini, la natura avesse voluto metterci pure del suo.

Suraya Sadeed, emigrata negli Stati Uniti dall’Afghanistan, via Libano, con una posizione economica solida ed invidiabile, perde all’improvviso il marito e decide di dedicare da quel momento la sua esistenza all’aiuto al suo paese d’origine, in primo luogo ai bambini. Nasce così Help The Afghan Children, HTAC, un’associazione umanitaria che raccoglie fondi in America per portarli lì.

Un posto davvero spettrale si presenta a Suraya quando vi ritorna per la prima volta dopo tanti anni. Distruzione, violenza, corruzione, e tanto, ma tanto papavero da oppio.

Coraggio, determinazione, incoscienza, la guidano in viaggi pericolosissimi, unica donna all’interno di un paese per natura ostile alle donne.

Piloti di elicottero tutti fumati, talebani matti da legare, un vecchio libraio di Dushanbe che mi sarebbe tanto piaciuto andare a trovare, immaginandolo immerso in montagne di testi antichi pieni di filosofia sufi, a trattare sul prezzo dei suoi piccoli tesori davanti a una tazza di tè; questi e tanti altri gli incontri dell’intrepida Suraya, che in un certo numero di anni mette su una serie di cliniche, indispensabili per sollevare un tantino le sorti di un popolo disperato e incolpevolmente stritolato in mezzo agli interessi delle superpotenze, che di tanto in tanto decidono di andarsi a fare guerra proprio lì, tra quelle montagne, belle ma spesso ostili.

Ma oltre alle cliniche, che alla luce del sole operano col beneplacito dei padroni di turno, con la complicità di alcune donne che vivono a Kabul, Suraya finanzia una scuola clandestina per bambine. In un locale sotterraneo, perché alle donne non è consentito istruirsi nel regime dei talebani, e le bimbe sono destinate a vivere una vita di recluse nella più profonda ignoranza. L’ignoranza del popolo è l’unico modo di mantenere il potere. L’educazione del popolo è l’unico modo per abbattere gli oppressori. Si inizia in uno scantinato buio, alla luce di poche lampade a gas.

Quatra quatra darya mesha, goccia a goccia si forma un fiume. Così ci si dà coraggio, così si parte per quest’avventura difficile e rischiosa.

E a un certo punto, dopo l’11 settembre, iniziano anche i bombardamenti americani. Rappresaglia. Contro chi? “Cos’è questa faccenda dell’11 settembre?” domandò un altro “cosa ha a che vedere con noi?” “Bin Laden non è neppure afghano” osservò un altro “è uno straniero, e non è benvoluto nel nostro paese. L’America è così ottusa da non capirlo?“. Beh sì, era così ottusa da non capirlo, “quelle che stavano cadendo erano bombe americane … con quello che costava uno di quei bombardamenti avrei potuto senza dubbio dare da mangiare e da vestirsi a quei centomila profughi. Con quello che costava un altro bombardamento avrei probabilmente potuto dare un’istruzione ai loro figli. E sarebbe stato molto più utile per sconfiggere il cieco pregiudizio generato da Bin Laden e dai talebani“. Istruzione contro ottusità, educazione contro barbarie. La chiave è questa, avrebbe dovuto essere questa. Meglio finanziare la scuola che comprare F15, meglio investire sui giovani che sulle armi. Un popolo cresce così, si sviluppa così. Quatra quatra darya mesha.

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